venerdì 2 marzo 2012

I KEY PERFORMANCE INDICATOR ED I CRITICAL SUCCESS FACTOR PER LA GLOBAL SUPPLY CHAIN

I KEY PERFORMANCE INDICATOR ED I CRITICAL SUCCESS FACTOR PER LA GLOBAL SUPPLY CHAIN: I KEY PERFORMANCE INDICATOR ED I CRITICAL SUCCESS FACTOR PER LA GLOBAL SUPPLY CHAIN
DI DIEGO BERNABEI E MAURO UGLIETTI
Un'implementazione di successo delle soluzioni di SCM può portare enormi benefici all'impresa in alcune aree strategiche.
Grazie alle tecniche di CRM che permettono di segmentare i clienti, si possono identificare chiaramente i bisogni da soddisfare e quindi offrire servizi personalizzati e creare reti logistiche ad hoc. Tutto ciò porta ad un miglioramento del Customer Service. Un miglior rapporto cliente-fornitore (rapporto evoluto), che si basa sulla fiducia e su un più frequente scambio di informazioni strutturate, fa in modo che l'azienda abbia come risultato un aumento della produttività e della qualità interna ed esterna. Allo stesso modo, potendo far fluire lungo la catena merci, informazioni e denaro al momento giusto ed al posto giusto, le risorse dell'azienda vengono gestite in modo migliore. In più, attraverso tecniche quali il postponement, il Vendor Managed Inventory, il Multi-Pick ed il Multi-Drop si abbattono i costi dell'intera catena.

INDIVIDUAZIONE DEI KEY PERFORMANCE INDICATOR
Individuate quindi le aree strategiche della Extended Supply Chain, possiamo estrarre per ciascuna di esse, i Key Performance Indicator (KPI) che possiamo riassumere nella Tabella 1.

INDIVIDUAZIONE DEI FATTORI CRITICI
Sulla base dei principi cardine di una supply chain, abbiamo individuato alcuni fattori critici e i relativi indicatori di prestazione che ci sembrano essere adatti allo scopo di misurare il successo della supply chain.

1° PRINCIPIO: Segmentare i clienti in gruppi distinti sulla base dei servizi richiesti e adattare la supply chain per servire questi segmenti
La segmentazione dei clienti serve per poter offrire servizi differenziati. Ciò che però dev'essere compreso, per eliminare qualsiasi dubbio, è che chi crea una supply chain non lo fa per beneficenza ma per aumentare i propri profitti.
Per questo, secondo noi, i fattori critici relativi a questo primo principio potrebbero essere la profittabilità del segmento e la qualità del servizio.
Gli indicatori di profittabilità devono farci capire se la segmentazione fatta risulti essere remunerativa, quindi possono essere utilizzati indicatori economici classici relativi ad ogni segmento come:
* Costo/Fatturato Gli indicatori di qualità che ci interessano sono quelli che comunemente vengono chiamati driver di ricavo, cioè quei parametri che, se migliorati, portano un incremento dei ricavi. Abbiamo quindi individuato: * Numero reclami * Costo dei resi

2° PRINCIPIO: Personalizzare la rete logistica in base ai servizi richiesti e alla profittabilità di ciascun segmento.
A nostro avviso, in questo caso, ciò su cui bisogna porre maggiore attenzione sono l'efficienza della rete logistica e la puntualità delle consegne.
Gli indicatori più interessanti sono quelli chiamati driver di costo, cioè quei parametri che, se migliorati, portano ad un incremento dell'efficienza. Questa convinzione nasce dal fatto che se è vero che l'obiettivo della supply chain è quello di aumentare i profitti attraverso un incremento delle vendite, è altrettanto vero che creare una supply chain di successo porta ad eliminare sprechi e ridondanze e quindi, in definitiva, ad abbattere i costi. Per questo, gli indicatori che pensiamo possano ben adattarsi a questo tipo di fattore critico sono:
* Stockout * Tempo di ciclo
A questi aggiungiamo, per avere una migliore completezza del sistema di controllo, anche dei driver di ricavo come:
* Errori di spedizione * Frequenza dei danni
Questi ultimi indicatori hanno il compito di far capire se, per i clienti, la rete logistica è a valore aggiunto e quindi è necessario, per poter fare delle considerazioni del tipo costi/ricavi, utilizzare entrambi i tipi di indicatori.

3° PRINCIPIO: Ascoltare i segnali dei mercati e allineare la domanda e la pianificazione attraverso la supply chain assicurando previsioni consistenti e un'allocazione ottimale delle risorse.
Questo principio è forse il più pubblicizzato da chi vuole convincere della bontà del SCM. Probabilmente è anche quello che più facilmente è comprensibile per chi si orienta verso questa nuova visione manageriale. Infatti, è facile comprendere che, se ogni anello della catena trascende i propri confini e le informazioni riguardanti la previsione e la pianificazione risultano essere pervasive per l'intera catena, il livello di tutti i magazzini diminuisce, al minimo perché diminuiscono le scorte di sicurezza, al massimo perché si lavora con tecniche Just In Time.
Per questi motivi, i fattori che pensiamo siano più significativi sono l'efficienza delle funzioni Marketing/Vendite e Acquisti e i rapporti clienti-fornitori misurati da
* Inventory levels * Rotazione delle scorte * Costo delle giacenze

4° PRINCIPIO: Differenziare il prodotto il più possibile vicino al cliente.
La tecnica del postponement, basata essenzialmente sulla professionalità dei progettisti, porta sicuramente a due tipi di vantaggio. Il primo è quello di ridurre il livello dei magazzini: è più facile prevedere la domanda riguardante un componente comune a tutti i clienti piuttosto che prevedere la quantità di prodotto finito per ciascun cliente. Se questo è vero ­ ed è vero ­ è possibile prevedere una diminuzione delle scorte di sicurezza. Non solo, ma anche il valore del magazzino diminuirà perché verranno messi a scorta dei componenti che avranno sicuramente un valore minore rispetto ai prodotti finiti.
Il secondo vantaggio deriva dalla diminuzione dei lead time ­ per noi il tempo che intercorre dalla ricezione dell'ordine alla consegna del prodotto: perché se noi abbiamo già a magazzino il componente uguale per tutti i clienti, quando riceviamo l'ordine dovremo fare solo un numero limitato di operazioni per ottenere il prodotto completo.
Quindi pensiamo che gli indici più adatti risultino essere:
* Inventory levels * Costo unitario merce a magazzino * Tempo di ciclo 5° PRINCIPIO: Gestire le fonti di supply chain strategicamente per ridurre i costi totali dei materiali e dei servizi
In una competizione globale com'è quella di oggigiorno, il punto nodale risiede nel fatto che aziende con strutture di costo più vantaggiose, possono competere ovunque. E' naturale, quindi, che un fattore critico di successo sia la riduzione dei costi.
Gli indicatori individuati sono, se vogliamo, i classici indicatori di costo:
* Costi unitari * Costo come percentuale delle vendite * Costi dei magazzini * Costo delle merci ritornate

6° PRINCIPIO: Sviluppare un sistema informativo di supply chain che supporti livelli multipli di decisioni e dia una visione chiara del flusso di materiali, informazioni e servizi.
Crediamo che ormai si sia capito: il SCM può funzionare solo se esiste un flusso informativo continuo, persistente e non ridondante che attraversi tutta la catena.
Il fatto che per noi sia basilare associare ad ogni anello la tecnica CRM e sintomatico della necessità che le informazioni interne importanti per tutta l'organizzazione estesa debbano essere a disposizione di tutti.
Gli indici che possono farci capire se sia stato costruito un buon sistema informativo per noi sono:
* Numero di richieste report/giorno * Numero richieste informazioni ad hoc * Order accuracy

IL METODO DEI KPI
L'approccio descritto nel nostro precedente articolo "La valutazione delle performance di una Supply Chain" (Hi Tech SERVER, n°42), prevedeva due passi per capire se il sistema di controllo interno misuri l'andamento dei fattori critici di successo della supply chain. Il primo passo consiste nel creare una lista dei KPI comprensiva di area, metrica e fonte (tabella 2); il secondo prevede di creare una griglia che valuti la robustezza degli indicatori (tabella 3).
Non necessariamente gli indicatori individuati sono adatti ad essere elaborati da un sistema informativo. In generale una verifica della robustezza è altamente desiderabile.
A questo scopo utilizziamo una griglia di criteri, formata da facilità di comprensione, costo dell'informazione, significatività, frequenza, strut-turazione. A ciascuno di questi criteri si assegna un giudizio espresso con un valore numerico da 1 a 5.
a) La facilità di comprensione è direttamente legata all'intuitività dell'algoritmo con cui l'indicatore è calcolato. Più complesso è l'algoritmo minore è la sua immediatezza e l'esperienza indica che indici molto complessi non vengono utilizzati, perché l'utente non è in grado di dominarne la procedura di calcolo. Il costo dell'informazione dà una valutazione del costo di produ-zione di un certo indicatore, espressa in termini relativi e approssimativi. Un indice come la "soddisfazione del cliente", ricavato da una serie di interviste, è evidentemente un'informazione molto costosa; viceversa l'indice "numero di reclami" è ottenibile a costo praticamente nullo a partire dalla base dati operativa.

b) La significatività indica il contributo, espresso in termini percentuali, che l'indicatore dà alla misurazione del CSF considerato. Per esempio, il numero di reclami è un indicatore poco significativo per misurare la soddisfazione del cliente, anche se è poco costoso.

c) La frequenza indica la periodicità con cui l'indicatore viene campionato. Una frequenza molto bassa o la necessità di un campionamento ad hoc consigliano di trasferire l'indicatore dal sistema informativo direzionale al sistema delle informazioni. Per esempio, l'indicatore "qualità percepita dal cliente" risiede tipicamente nel sistema delle informazioni poiché richiede interviste specifiche che si svolgono poche volte all'anno.

d) La strutturazione è una valutazione in termini relativi della de-terminatezza delle informazioni. Per esempio il CSF "immagine presso il cliente" è certamente molto significativo ma difficilmente può essere misurato con indici strutturali e univoci. Al contrario, la profittabilità di un prodotto è un indice completamente determinato. Una bassa strutturazione comporta un'elevata aleatorietà delle misure dei CSF.
La robustezza è quindi un giudizio complessivo sull'indicatore scelto, calcolata come media aritmetica degli attributi elencati.
Gli indicatori non "robusti" in quanto non comprensibili, costosi da calcolare o poco significativi vanno scartati o modificati.
A questo punto, possiamo fare una verifica della copertura dei fattori critici rispetto ai KPI.
Abbiamo visto che, almeno teoricamente, è possibile creare un sistema di controllo che permetta di monitorare le performance della catena.
In realtà, le difficoltà sono sotto gli occhi di tutti: la catena è formata da anelli eterogenei sia per cultura sia per risorse disponibili sia per le aree di business entro cui operano.
Per questo motivo è possibile che i fattori critici e i KPI individuati non siano ritenuti validi da ciascun anello preso singolarmente.
Abbiamo già visto come, per far funzionare la catena, si debba passare da un rapporto tradizionale ad uno evoluto e questo implica un cambiamento di mentalità. Questo cambiamento dev'essere ancora maggiore per creare un sistema di controllo comune in quanto è ovvio che monitorare parametri che alla singola azienda non interessano, è inaccettabile per organizzazioni internamente focalizzate.

Gli autori Diego Bernabei e Mauro Uglietti sono collaboratori di Hi Tech SERVER per le problematiche dei Sistemi di Gestione dell'Impresa.

Tabella 1. I KPI

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Tabella 2. Lista dei KPI

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Tabella 3. La robustezza degli indicatori

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